venerdì 17 agosto 2012

S.O.S.


Qualcuno mi aiuti.
Sono prigioniero in terra straniera da ben 5 giorni, e non ho ancora visto nessuna notizia riguardo me al telegiornale né ho letto un hashtag per la mia liberazione su twitter.

I trogloditi che mi hanno rapito dicevano che sarei stato libero domani, ma data la poca affidabilità che contraddistingue questi loschi figuri la loro parola non sarà mantenuta.

Adesso la mia liberazione è stata rimandata a lunedì. Forse aspettano il pagamento di un riscatto. O forse sperano solo che ci lasci le penne.
Vi starete chiedendo chi sono i miei rapitori: se talebani, marocchini, rom, malviventi locali o qualche vecchio ubriaco. Niente di tutto ciò.
Si tratta dei miei familiari.
Ma non pensate alla famiglia tipo “mamma, papà, figli”, no no qui siamo oltre i confini della ragione. Sono prigioniero anche di mia nonna, di mio zio, delle mie innumerevoli zie con altrettanti innumerevoli mariti, di qualche parente che non ho mai visto prima, e (perché no?) anche del mio cane (quest’ultimo il più crudele di tutti perché mi obbliga anche a “portarlo a spasso” quando lo ritiene necessario, ma almeno ho la mia ora d’aria… o meglio, i miei dieci minuti).

Non hanno voluto saperne di suppliche, preghiere, scioperi della fame e lamentele varie. La loro crudeltà non conosce limiti.
Non mi resta che credere alle loro parole e sperare che questa barbarie possa finire il prima possibile.

Considerate questo post un messaggio rinvenuto in una bottiglia tutta sporca trascinata da chissà quali e quante correnti sulla spiaggia dove vi trovate adesso. E mentre state leggendo questa richiesta di soccorso vi domanderete se il naufrago che ha scritto questo biglietto sia ancora vivo, o se sia riuscito a salvarsi, in qualche modo. 
Beh questo non lo saprete mai. 
Non fino a lunedì almeno. 
Fino a quando non vi manderò un altro messaggio nella bottiglia, con le mie future condizioni, mi auguro migliori delle attuali.
Pregate per me, o meglio – qualcosa di più concreto -, venite a salvarmi.

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